Alberto Chiancone

Alcune note critiche

"Quanti anni ha Chiancone? Interno è un promettente inizio".
Francesco Cangiullo, ne «Il Mezzogiorno», 2–3 giugno 1927.

"Osserviamo i documenti dei significativi rappresentanti della nuova scuola napoletana: una delle più belle opere è indubbiamente, la Marina di Toregaveta di Alberto Chiancone, ampia e densa pittura, piena di lirico colore".
Alberto Consiglio, «Italia letteraria», 25–3–1934.

"Ricordo i Nudi di Chiancone, snelli ed eleganti, in toni lievi… "
Ugo Ojetti, “Corriere della Sera”, 6-2-1935.

"Sulla parete accanto a Ceracchini, esponeva Alberto Chiancone col suo quadro magnifico Nella pineta. Pittore di ampia e calda sensibilità affascinante nel suo profondo amore per il mistero e per il vago misticismo".
Bruno Zevi, La pittura italiana alla Biennale di Venezia, «La Gazzetta del Lunedì», Messina, 19-10-1936.

"Chiancone reagisce all’influenza coloristica più o meno tradizionale del suo paese, attraverso una castigatezza di tinte e di materia, attraverso una rigidezza arieggiante il Quattrocento…".
Leonardo Borghese, XXII Biennale di Venezia, “L’Ambrosiano”, 17-5-1940.

"Come succede spesso, a Bergamo c’è infine una mostra nella Mostra, quella dei fuori concorso, artisti rinomati: Campigli, Casorati, Chiancone, De Chirico, De Pisis, Funi, Monti, Paolucci, Rosai, Saetti, Semeghini, Severini. E bisogna dire che questi pittori difendono bene la loro fama".
Radius, Il premio Bergamo, «Corriere della sera», Milano, 29-9-1940.

"Chiancone, crediamo non avesse bisogno di clima di guerra e di sventura per rendere più intensa la severità della sua visione. E’ un pittore che ha avuto, come si dice abitualmente, sempre qualche cosa da esprimere e che non si è mai abbandonato ad un gioco puramente visivo e ad una resa puramente formale. Già la sua ritrattistica mirava a rilevare sul piano pittorico motivi d’umanità, e se ciò era raggiunto assai meno per ricerca disegnativa che per virtù di cromatismo tonale la cosa non muta. La dosatura del tono è già di portata spirituale, già atta a calarsi in un motivo che se ne imbeve e che in un certo senso la condiziona. Di sotto alle finezze delle gamme sobrie ricorre un motivo inteso con attenta umanità accentuato tanto quanto basti a fare della sua arte un’espressione di vita essenziale".
Michele Biancale, dalla presentazione al catalogo personale alla galleria Forti, Napoli, 1944.

"Chiancone è un artista in costante progredimento e, se qualche volta sbanda, la deviazione non è senza sapore, come nell’eccellente ritratto della figlia che nella solidità della massa e nella calda vibrazione dei toni, tramanda il non perituro spirito renoariano".
Gino Doria, “Risorgimento”, 12-3-1946.

"Erano anni che non vedevamo opere di Chiancone e dobbiamo dire che queste, presentate nella personale ultima, ci presentano un’artista più sciolto e vivo, con una tavolozza schiarita e sugosa e una pennellata vivace e libera. Insomma Chiancone è da annoverarsi ormai tra i chiaristi italiani, con influenze che vanno da Tosi a De Pisis, da Semeghini a Bonnard".
Paolo Ricci, «L’Unità», 25-12-1954.

"Chiancone procede ormai in questa direzione. Che è intrinseca alla civiltà del puro colore, dei valori atmosferici, della impressione ancora vibrante nella studiata composizione della modernità intesa quale libertà dalla forma, emancipata dai quei canoni che furono validi nel clima naturalistico dell’Ottocento. In questa direzione avanza sempre meglio e raccordando il suo mondo fantastico e di sentimento a questo processo stilistico".
Carlo Barbieri, «Il Mattino», Napoli, 17-3-1958.

"Ho sempre considerato Alberto Chiancone una specie di Gioacchino Toma dei tempi nostri; ma egli alla spiritualità dell’autore della «Sanfelice in carcere» aggiunge qualcos’altro, e cioè una modernità di accenti ed una spontanea eleganza, virtù coteste che gli consentono di affrontare qualsiasi «motivo», sia pure i più comuni del vedutismo napoletano, senza farlo mai cadere nella banalità del vero o del «pittoresco» o del volutamente cerebrale, che è poi un altro aspetto dell’insincerità artistica.
Sono tanti anni che conosco e seguo Chiancone: non l’ho visto mai, nemmeno nei momenti di crisi o di sfiducia, deviare dal suo cammino: ne abiurare la tradizione per apparire «aggiornato» o come suol dirsi, stupidamente, «pittore del proprio tempo». Come se il pittore, dice bene Oppo, subisse il proprio tempo soltanto da un lato esteriore ed ottico. Il suo impressionismo, sorretto dal senso della forma come quello di alcuni grandi pittori dell’ottocento italiano e francese (Fattori, Renoir, Degas) si è arricchito di mano in mano dal punto di vista sia della luce che della bella materia pittorica, realizzando, quel che più conta, atmosfere spirituali e poetiche che potrebbero trovare il loro riscontro nelle pagine di uno scrittore intensamente meditativo.
Alberto Chiancone è un uomo attento e pensoso; e tale è anche la sua pittura, che tende a penetrare, con un gusto quasi psicologico, personaggi e paesi, mettendone in luce soprattutto gli aspetti interiori, e certe particolarità del carattere come la tendenza al sogno o alla meditazione, all’idillio o alla nostalgia.
Prende delle «signorinelle» napoletane, e ne fa le protagoniste di un romanzo o di un racconto che forse Guy de Maupassant avrebbe scritto; le sorprende in un club esistenzialista, tutte intente a prodigarsi in un ballo sfrenato, oppure in un momento di riposo o di abbandono alla malinconia, e tali ce le ripresenta sulle sue tele, non senza qualche lieve accenno all’ironia ed alla caricatura. Comprende profondamente la loro tristezza e la loro ansia di vivere. Quasi con uno stesso sentimento egli affronta i paesaggi, sia quelli di Napoli che dei dintorni; poiché i «paesi» per lui sono «personaggi» che hanno i loro umori buoni o cattivi, e che potrebbero raccontare storie di giornate di sole o di pioggia, di esultanza e di tedio. Qui Chiancone opera nel suo elemento, con una libertà illimitata, e descrive ed accenna con la vena di un poeta elegiaco, illuminando cieli densi di nebbia, velieri nel porto, contadini intenti alla potatura, trattorie di campagna, mattinate estive, ove circola sempre quel sottilissimo filo di poesia crepuscolare che riesce a tramutare un «paese» in un personaggio".
Piero Girace, dalla presentazione al catalogo della personale alla galleria Mediterranea, Napoli, 1962.

"Il pittore «napoletano» è in genere quasi fisiologicamente portato ad amare la realtà concreta, visiva e tattile, ed a goderne le peculiarità cromatiche. Ma non si creda che questa sua condizione di gusto gli faccia velo alle esigenze di rinnovamento che , premendo da ogni aspetto della vita contemporanea, si rivelano più acute nel campo dell’arte. Con un motivo ripetuto fino alla banalità, dall’aneddottismo veneziano al bozzetto toscano, qual è un interno di Sartoria, Alberto Chiancone, senza il minimo sacrificio di preziosità pittorica, sa darci una splendida pagina di acuta modernità stilistica".
Marziano Bernardi, «La Stampa», Torino,12-3-1963.

"…non possiamo negare ad Alberto Chiancone (il quale da più di trent’anni sta sulla breccia) una propria tematica, un proprio preciso orientamento morfologico e, principalmente, la capacità d’analizzare il mondo piccolo-borghese…".
Gino Grassi, «Roma», Napoli, 30-11-1970.

"Di quella generazione che era stata educata all’arte secondo i principi estetici dell’Ottocento e che ebbe a lottare per liberarsene sotto l’incalzare delle perentorie proposte della cultura figurativa dei primi decenni del nostro secolo, dovendo comunque prefiggersi l’obiettivo di riattualizzare storicamente il proprio linguaggio, Alberto Chiancone è senz’altro un esponente di cui bisogna tener conto: per la qualità degli esiti, certo, ma anche per altri motivi di ordine eminentemente morale e, insieme, di chiarezza intellettuale.
A rimeditare, infatti, l’intero arco della sua opera, un tratto distintivo emerge evidente: che Chiancone. lungi dal ripudiare il passato con quella disinvoltura che spesso cela una pochezza interiore, ha preferito saggiarlo nelle sue aree più ricche di linfe vitali e filtrarle, codeste linfe, nella ricerca stessa che andava promuovendo nelle stagioni giovanili. In altri termini, Chiancone si è sempre sentito profondamente vincolato alla scuola napoletana ed ha agito per conferirle un volto moderno, in consonanza con la cultura e il gusto del suo tempo; onde persino il Novecento – che pur ebbe ad esercitare una influenza determinante sulla sua generazione – appena lo sfiorò, altra essendo la concezione della pittura che si era in lui consolidata.
Pittura che non poteva sottostare ai canoni imposti da una restaurazione classicheggiante e invocava semmai, per inverarsi, la luce e i colori, l’atmosfera e i caldi, vividi sensi di una realtà amata: Napoli, e le sue strade, e l’ampio respiro del suo golfo e le vicine contrade; ed anche pretendeva, di Napoli, la rappresentazione dell’umanità, ora esemplificata in talune figure desunte dall’antico folclore – i Pulcinella, ad esempio – ed ora in tipologie direttamente colte nel vivo della strada o degli interni domestici. Ne è conseguita in tal modo una summa di opere la cui protagonista è Napoli. Napoli rivelata nella profonda, pensosa malinconia che ogni gesto intride, nella mestizia che incide ogni volto, che si coagula nelle vecchie pietre, negli oggetti pregni di memorie immoti in una stanza, che serpeggi financo nel glorioso dilatarsi azzurro del cielo. Malinconia nella quale confluiscono le asprezze di una storia anche troppo lunga, sopportata e patita dall’uomo fin nell’ultima fibra, sì che persino la sapida, prorompente ironia o il canto d’amore che trabocca estenuato e teso si palesano a guisa di una fuga verso la salvazione o, forse meglio, verso la sopravvivenza.
E’ merito di Chiancone averla individuata, questa malinconia, e di averla altresì pittoricamente tradotta con la genuinità che solo l’esperienza consumata di fratello tra i fratelli poteva garantire.
Essa permane così il segno identificativo delle figure e degli sfondi paesaggistici in cui esse sono integrate: ragazze alla finestra, adolescenti silenziose accanto all’accendersi lieve della fiammella d’un fiore, povere stiratrici dei bassi, Pulcinella e ballerine d’un teatro ramingo in attesa di esibirsi, uomini all’osteria e marinai e pescatori e le altre mille creature sortite dall’anonima e meravigliosa folla napoletana che si assiepa nelle strade, da Toledo a Posillipo, da Porta Capuana a Mergellina.
Sentimento pittoricamente tradotto, si dovrà aggiungere, senza forzature di sorta: mediante un’introspezione psicologica che si affida esclusivamente all’essenzialità del disegno e di un colore sempre castigato eppure prezioso, capace di tessere sottili trame tonali mai scadendo però nell’ostentazione del « mestiere».
Sulla soglia dei settant’anni, Alberto Chiancone manifesta dunque qualcosa di più che le doti di un pittore, sempre del resto riconosciutegli dalla critica provveduta: manifesta il cuore di un poeta che, in quanto tale, gode di una perenne giovinezza. Lo attestano le opere di più recente datazione, ricamate col filo di un’incantata elegia".
Carlo Munari, dalla presentazione al catalogo della personale alla galleria Diarcon, Milano, febbraio 1975.

Caro Alberto,
tornato oggi, tre dicembre, da Roma, ho trovato il bel catalogo della tua mostra e mi duole sinceramente di non aver potuto partecipare alla inaugurazione, - e lo avrei fatto volentieri per la viva stima che ho sempre avuto per la tua pittura, e l’aver mantenuto fede a te stesso senza minimamente cedere alle tante tentazioni dell’intellettualismo avanguardista.
Affettuosamente, Roberto Pane
(da una lettera autografa del dicembre 1983)

"Cos’è che rende attuali, vivi gli antichi maestri del Novecento, spingendoci ancor oggi a ricercare le opere, il piacere di soffermarci a contemplarle?
Sicuramente la serietà del loro lavoro pittorico, l’essere stati capaci di imprigionare in una certezza di riferimenti di lettura la realtà circostante.
Quella realtà che ora, sul finire del secolo, viene fatta sfuggire – anche attraverso i canali dell’arte – con indicibile disagio alla nostra percezione.
Così non siamo di questi tempi privi di un sentimento conoscitivo, che è anche moralità, nei confronti di ciò che ci circonda. In questo consisteva anche l’istinto educativo dell’arte, personale coscienza e metodo di rappresentazione del reale, nel rispetto di stabiliti valori di riferimento.
Alberto Chiancone ha incarnato questo, e ne resta a dare testimonianza attraverso i suoi lavori.
Anzitutto nel fondamento del disegno, che regge con evidenza l’intero suo discorso pittorico. In Chiancone il disegno è forza coesiva della scena e dei suoi attori, ed insieme una ricerca costante della ponderalità dei corpi.
Il peso offerto come valore di esistenza, come presenza affermata dello spazio – ciò che mi ha sempre impressionato soprattutto nelle membra delle sue figure.
Ma questa virtù rappresentativa in Chiancone strettamente si correlava ad un sentimento interpretativo, come si conviene all’arte vera. E difatto nelle sue figure, come consapevoli della propria massa (non a caso spesso sedute, o gravemente "stanti"), aleggia una remota malinconia, che è spirito del pittore.
Da un brano all’altro della sua narrazione essa di volta in volta sale dalla proiezione autobiografica all’accento universalmente esistenziale, o torna a determinarsi nella resa ripetuta di un’ "anima napoletana".
Direi che la metafora a lui cara del Pulcinella, così arricchita di risonanze, sia un’esemplificazione perfetta di quanto ora accennavamo.
In questa griglia certa di descrizione per tramite dell’energico disegno e del timbro sentimentale, Chiancone accendeva per i suoi bagliori cromatici, talora espressionisti fino all’urlo ferito e dissonante di una coscienza offesa, ma più spesso tenuti nel limite armonioso di quel rispetto sincero per la natura e per l’essere umano.
E’ ciò che i cuori intuiscono ogni volta che tornano a guidare lo sguardo verso i suoi dipinti. Quei cuori ancora oggi desiderosi di apprendere dai maestri la verità di sempre.
Paolo Mamone Capria, La lezione artistica e morale di Alberto Chiancone, 11/5/1996 (in F.Verio – a cura di -, Alberto Chiancone, Vima, Scafati, 2000

 “…Nell’arte di Chiancone si radicalizza l’umano: quello è il suo «stile» che pur operando sulle variazioni interpretative formali, ovvie e giustificatissime per chi assimila un ricco vocabolario e parla, com’è stato notato acutamente, dagli anni cinquanta in poi, con sempre più avvertita adesione ad una semiologia di impianto europeo…Chiancone è un pittore di rara potenza, di forti contenuti: un artista che ha avuto e avrà ragione delle mode e del tempo. Egli come tutti i maestri che hanno avuto la coerenza della pittura come dimensione insostituibile, avrà gli interpreti che tra corsi e ricorsi il tempo prepara perché, nella misura del messaggio artistico, leggano i presupposti di una dignità ritrovata sulle orme dell’uomo.”
Angelo Calabrese, Alberto Chiancone, in Dove guida al top, Anno III, n°2, Sa, aprile 1989

“Il sentimento del colore in Chiancone è più robusto e sicuro, come anche la consistenza plastica del figurare, che col tempo acquisì un certo fare espressionistico, specie nelle opere di soggetto religioso (“Deposizione” 1979/1986) nonché il mestiere pittorico, cosa che giustifica il primo premio assegnatoli nel ’52 al Premio Michetti per “Autoritratto”.
Giorgio Di Genova, in Storia dell’Arte Italiana del ‘900 – Generazione primo decennio, Bora, Bologna, 1996

“Alberto Chiancone (1904-1988), che eccelle tra gli autentici innovatori della pittura napoletana della prima metà del secolo scorso, figura con: Bagnanti, denso di forte sintesi espressionistica e Paesaggio costiero che, con i suoi colori delicati e luminosi è rappresentativo della sua maniera «chiarista». Il figlio Francesco Verio con coraggio ha rinunciato al famoso cognome del padre ed opera con una pittura personalissima. Dell’artista si espone un Nudo giovanile del 1989, reso con sapienti e corposi impasti che rivelano necessariamente il riferimento alla pittura espressionistica di Alberto. Nell’altro dipinto in mostra, In rete, datato 2004, si evince chiaramente la sua piena maturità e autonomia artistica”
Alfredo Avitabile, Padri e figli d’arte, dalla presentazione dell’omonima mostra presso l’Accademia Giacinto Gigante, Napoli, marzo-maggio 2005 

 

Dell’opera di Chiancone si sono interessati i seguenti critici e personalità del mondo della cultura:

M. Agnellini, Alfra, D.G .Amato, P. Amato, N. Ammendola, S. Ammendola, L.S. Amoroso, A. Angiolini, A. Antonucci, P. Apolito, L. Arbace, G. Artieri, Artiglio, Artefio, A. Assante, L. Aversano, A. Avitabile, C. Barbieri, M. Balestrieri, M. Balzano, A. Bandera, M. Baccaro, P. Barillà, L. Bartolini, A. Barretta, A. Barbato, D. Bellotti, N. Bertocchi, A. Benedetti, C. Bertelli, G. L. Bigaglia, M. Bignardi, S. Brun, M. Biancale, M. Bernardi, A. Bocola, L. Borgese, G. Borrelli, D. Bonardi, F. Bologna, M. Bonuomo, R. Bossaglia, E. Bruno, P. Bucarelli, R. Buscaroli, A. Bragaglia, R. Calzini, P. Cageri, A. Calabrese, C. Caliendo, F. Cangiullo, E. Campana, A. Calvallo, A. Calestani, F. Callari, E. Caroli, R. Caputo, B. Carrano, A. Carola-Perrotta, G. Cassese, M. Causa, S. Chiancone, C. A. Ciavolino, P. G. Colombi, V. Como, E. Corsi, A. Consiglio, V. Ciardo, M. Cottescu, G. A. Caffi, R. Canzanella, A. Cassiano, A. Cilibrizzi, F. Cipriano, G. Claverini, A. Crespi, E. Crispolti Cjrius, N. M. Chieppa, M. Corbi, V. Corbi, B. Cucci, M. D’Ambrosio, N. D’Antonio, G. Doria, C. di Marzo, F. De Filippis, S. Di Bartolomeo, G. Di Genova, P. de Ciuceis, A. Del Massa, F. De Rinaldo, F. Dell’Erba, A. Di Pillo, T. De Rosa, A. De Falyairolle, R. De Santis, K. M. De Siena, A. Dinella, P. della Volpe. Della Valle, G. Dello Vicario, P. Esposito, M. Esposito, G. Falossi, I. Fanella, D. Farina, P. Feroldi, G. Ferrari, V. Fiore, K. Fiorentino, A. P. Fiorillo, E. Fogliati, G. Forgione, A. Francini, M. Franco, P. Frollo, M. A. Fusco, L. Galdo, L. Galmozzi, M. Garbetta, A. Garofalo, G. O. Gallo, G. Gandolfi, P. Girace, F. Girosi, T. Giannotti, C. Giacchetti, F. Gerace, V. Gleijeses, V. Guzzi, P. Grassi, R. Grabski, A. Grassi, G. Grassi, L. Greco, F. C. Greco, E. Greco, R. Guttuso, E. Guardascione, G. Improva, C. Irace, A. Izzo, A. Lancellotti, M. M. Lazzaro, Le Monnier, D.M. Lepore, M. Lepore, P. Levi, M. Lorandi, C. Lorenzetti, L. Lorenzoni, L. Lo Sardo, G. Mandel, P. Mamone-Capria, A. Maraini, A. Margotti, E. Maselli, A. Macchia, M. Maiorino, F. Mancini, S. Manna, P. Majerù, L. Manzi, T. Marrone, Masi, R. Masto, G. C. Mazzoni, S. Maugeri, L. Maurelli, R. Mezzani, A. Miele, M. Monteverdi, B. Morini, R. Mormone, E. Mercuri, C. Munari, A. S. Murolo, A. Montano, P. Naldi, C. Nazzaro, A. Neppi, U. Nebbia, R. Nigro, G. Nocentini, R. Notte, C. Occhipinti, U. Ojetti, C. E. Oppo, S. Ortolani, V. Orazi, A. Orlandi, R. Pane, E. Pansini, G. Pani, F. Passoni, A. Parente, F. Pasinetti, O. L. Passarella, E. Prampolini, S. Pegoraro, C. Pelella, G. Pensabene, M. Picone-Petrusa, I. Pirrone, Piccoli, Pictor, M. Pizzella, F. Petriccione, A. Pejrot, R. Pinto, A. Po, V. Procida, A. Podestà, C. Pogioli, E. Pontiggia, C. Poppi, V. Profumi, Radius, D. Raio, E. Ranucci, A. Ravel, L. Repaci, L. Recchia, D. Rea, D. Ricci, P. Ricci, P. Rizzi, P. Rizzo, G. Ruberti, Riva, C. Ruju, A. Romoli, A. Rossi, G. F. Rossi, G. Scalera, P. Scarpa, A. Schettini, G. Schiano, G. Scognamiglio, C. Sciorci, U.Schioppa, G. Scarpa, A. Silvestri, U. Siola, I. Schwenn, V. Scozzarella, V. Sgarbi, E. Somarè, N. Spinosa, E. Serri, M. Stefanile, E. Serao, G. Serra, F. Stocchetti, G. Somezzi, C. Someda De Marco, C. Tarsia, A. Tecce, E. Tempesta, F. Tetro, I. Terramoccia, T. Tricarico, C. Tridente, M. Tinti, R. Turo, Usellini, I. Valente, N. Valentini, R. Valentini, M. Vajro, D. Villani, S. Villani, A. Videtta, B. Visconti Sorvognan, P. Vivarelli, O. Vergani, F. Verio, P. Vernicchi, E. Vuolo, E. Zanzi, A. Zajotti, C. Zambonini, S. Zazzera, B. Zevi, L. Zorzi, E. Zorzo.