Alberto Chiancone

Alcuni testi su Chiancone

Alberto Chiancone un poeta della pittura

di Francesco Chiancone (Verio)

 

Ricordare mio padre Alberto Chiancone in occasione del centenario della nascita, rivolto innanzitutto al pubblico bolognese, mi dà la  possibilità di farlo conoscere ad una città, ricca di tradizione, dove non espose mai, quando era in vita, con una mostra personale.

Chiancone, invece, tenne contatti con artisti bolognesi, in testa Bruno Saetti, con il quale condivise la sala XXIII, insieme ad altri ed ognuno con una parete personale, alla Biennale di Venezia del 1936. Sempre con Saetti partecipò alla Mostra Internazionale di Barcellona del 1929 e ad una serie di Mostre d’Arte Italiana all’estero, tra il 1934 e il 1935, nel circuito che toccò le città di Praga,Varsavia, Cracovia, Bucarest, Sofia e Budapest senza contare le altre rassegne che li vide entrambi presenti come le Quadriennali di Roma.

Devo quindi ringraziare Estemio Serri della Galleria Cinquantasei di Bologna di aver organizzato questa rassegna e il critico d’arte Vittorio Sgarbi per aver curato il testo critico.

Chi era Chiancone? Per gli addetti ai lavori è una delle personalità portanti del panorama artistico napoletano e meridionale nonché una legittima presenza, in quello nazionale, del novecento. Mio padre è certamente un artista non tanto da storicizzare, cosa ormai avvenuta da qualche tempo (basta guardare il repertorio bio-bibliografico), ma da diffondere, per porlo all’attenzione di un pubblico sempre più vasto, nel circuito artistico nazionale attraverso mostre antologiche, rassegne collettive, studi monografici e storiografici. 

Detto questo vorrei sottolineare solo alcune cose che affiorano alla mente, mentre scrivo, perché sarà il Professor Vittorio Sgarbi a tracciare, in maniera più esauriente, gli elementi caratterizzanti della sua pittura.

La prima difficoltà è quella di dover parlare, sono di parte e non dovrei essere io a dirlo, delle sua buona pittura e della raffinata nobiltà come persona. Ne parlo allora da operatore artistico legato alla pittura-pittura (come artista, da molti anni, uso lo pseudonimo di Francesco Verio, perché il cognome Chiancone era per me un gran peso nel bene e nel male). Chiancone era una persona semplice e ciò lo rendeva unico. Lavoratore instancabile deve solo alle sue capacità creative l’essere diventato un artista di primo piano. Schivo, quando frequentava qualsiasi ambiente, non per superbia ma per la sua naturale indole. Era un bell’uomo sin da giovane e ha conservato un particolare fascino nella maturità. Carattere mite, di poche parole, equilibrato e aristocratico al tempo stesso. Insomma quello che si dice abitualmente “un signore d’altri tempi”. Questo suo modo d’essere lo rifletteva nella sua pittura come ha più volte rilevato la critica passata e recente. La conquista dell’equilibrio compositivo, pittorico e formale, passava attraverso un duro processo di lavoro. La ricerca di un impianto strutturale dove il colore, materico o sovrapposto, diveniva misura di luce, di spazio, di volume atto a creare una pittura giocata in modo tale da mettere in vibrazione l’animo dell’osservatore. Un mondo poetico dove la rappresentazione raggiunge una sintesi a metà strada tra la realtà e la fantasia. Per questi motivi la pittura di Chiancone non è mai rimasta legata a schemi della tradizione napoletana in forme d’arte accademica o stereotipata peraltro da lui sempre combattuta.

La produzione chianconiana, partendo dalla tradizione migliore della pittura napoletana, segue una linea figurativa che ha radici profonde: dalla pittura murale di Pompei ad un Bernardo Cavallino, da un Gioacchino Toma giunge fino alla moderna interpretazione di Chiancone nel novecento. Tale tradizione si sviluppa attraverso un ricco vocabolario d’impianto europeo, in forza delle sue esperienze, percorrendo i linguaggi che dall’impressionismo ai fauves, dal primo Picasso a Bonnard, da Modigliani a Matisse, dalla Metafisica al Novecento, dall’astrattismo all’informale fanno parte del bagaglio di conoscenze dell’artista napoletano che ha saputo filtrare il dato culturale in chiave personale.
Il mondo poetico chianconiano, legato prevalentemente alla sua Napoli e alle immagini della quotidianità (figure femminili, paesaggi, nature morte, uomini all’osteria, sartine, ballerine, maschere, pulcinella…), sa cogliere l’introspezione dei vari personaggi da cui emerge spesso la struggente malinconia partenopea. L’interno del vagone, con le varie interpretazioni dalla prima del 1928 all’ultima del 1988, della Funicolare ne sono felici testimonianze.
Vedere le cose attraverso un processo meditativo ora in chiave intimista e raffinata ora istintiva ed espressionista (quello di radici mediterranee), avvicina idealmente l’autore della Funicolare anche ad altre figure napoletane di vari settori della cultura. Chiancone è stato accostato al mondo teatrale d’Eduardo, all’essenzialità di Roberto Murolo per la musica o ai racconti di Michele Prisco nella letteratura e non è un caso che il critico d’arte Piero Girace definì Alberto Chiancone “un Rilke della pittura”.

dalla monografia a cura di Vittorio Sgarbi, Alberto Chiancone, Edizioni Cinquntasei, Bologna, 2004.